Hai un figlio introverso? Qualche consiglio

figlio introverso

Una volta Mark Twain raccontò la storia di un tale che aveva girato tutto il mondo alla ricerca del più grande generale di tutti i tempi. Informato che colui che cercava era già morto e salito in cielo, l’uomo arrivò fino alle porte del Paradiso per vederlo. San Pietro gli indicò un tizio dall’aria semplice.

“Non può essere lui il più grande generale di tutti i tempi!” protestò l’uomo. “Quello l’ho conosciuto da vivo, faceva il ciabattino.”

“Lo so” rispose San Pietro “ma se avesse fatto il generale sarebbe stato il più grande”.

Tutti dovremmo prestare attenzione ai ciabattini che avrebbero potuto diventare generali. Dovremmo cioè concentrare lo sguardo sui bambini introversi, i cui talenti vengono spesso soffocati a casa, a scuola, al parco (S. Cain in Quiet).

A cosa vanno incontro i bambini introversi?

E’ inutile nascondercelo: viviamo in una società (quella occidentale) in cui esiste il mito dell’estroversione. Molti sono portati a vedere i bambini sensibili e introversi come asociali, esclusi, “sbagliati”. I genitori più preoccupati contattano uno psicologo affinché dia loro rassicurazioni sul fatto che è tutto ok, o, a volte, chiedono di poter cambiare il figlio. Il timore è sempre lo stesso: paura che possa essere infelice.

Se hai un figlio introverso, di qualsiasi età, chiedigli: cosa fai o a cosa pensi quando sei da solo? Ti piace quando ascolti musica, leggi, guardi video, rifletti, passeggi o giochi da solo? Molto probabilmente ti risponderà “certo”!

Gli introversi si trovano a proprio agio e spesso hanno bisogno di rifugiarsi in spazi propri per ricaricare le pile e riflettere. Questo non è un problema da correggere!

Il dramma è che nelle scuole, ad esempio, alcuni insegnanti preferiscono i lavori in gruppo non prendendo in considerazione il fatto che i bambini introversi non danno il meglio in contesti di questo tipo. Stessa cosa vale per gli sport di squadra: a volte capita che se gli amichetti fanno calcio allora anche il bambino introverso viene spinto a fare calcio (soprattutto se ci sono delle aspettative del papà!). Ahimè, questa scelta non porterà buoni frutti.

Spesso infatti preferirebbe giocare a tennis, praticare judo, pattinaggio o altre discipline in cui non ci si debba coordinare in una grande squadra.

Cosa differenzia davvero i bambini introversi dagli estroversi?

Tutti i bambini desiderano avere amici e stare in compagnia ma mentre gli estroversi gradiscono maggiormente la socialità, le feste, il chiacchiericcio e la musica alta ecc., l’introverso preferisce chiacchierare con una persona o al massimo due, con musica soffusa e giocare con un amico per volta. Preferisce cioè approfondire l’amicizia, la conoscenza o un argomento piuttosto che affrontarne molti diversi. In altre parole mentre l’estroverso si relaziona e riflette in modo orizzontale, l’introverso lo fa in modo verticale.

Come mai questa differenza?

L’introversione o l’estroversione sono caratteristiche che noi abbiamo dalla nascita. È stato provato da alcuni studi scientifici che l’amigdala del cervello dell’introverso è più facilmente eccitabile rispetto all’amico estroverso. Questo significa che di fronte ad uno stimolo emotivo sarà più alto il battito cardiaco, dilatate le pupille, tese le corde vocali e maggiore la concentrazione dell’ormone dello stress nella saliva. L’introverso cioè è predisposto ad osservare ed analizzare molti stimoli e in contesti grandi, con molte persone, può sentirsi sopraffatto.  

Come puoi comportarti con tuo figlio se è introverso?

Prima di tutto non etichettarlo davanti ad altri come “timido”. Non scusarti per la sua introversione e timidezza poiché lo prenderebbe come un difetto. E’ vero che è introverso così come è vero che è biondo (ad esempio), ma non ti scusi normalmente con le persone per il suo colore di capelli!

Se sei anche tu un genitore introverso fai attenzione ad una cosa: non proiettare su tuo figlio i tuoi peggiori ricordi dell’infanzia. Voi siete due persone diverse anche se avete ereditato un temperamento simile. Aiutalo piuttosto dandogli consigli e facendogli sentire che sai perfettamente cosa sta provando. Ad esempio, se è agitato prima di una festa raccontagli che anche tu un tempo ti sentivi agitato e che a volte ti capita di esserlo ancora oggi ma che col tempo l’ansia si attenua o sparisce.

Se invece sei un genitore estroverso prima di tutto accetta la diversità di tuo figlio. Il fatto che sia diverso da te non significa che vada corretto.

La cosa importante è sottoporre al bambino situazioni e persone nuove in maniera graduale, badando a rispettarne i limiti. Vai al suo ritmo e non mettergli fretta. Quando è disposto a correre un rischio legato alla socialità, fagli capire che apprezzi lo sforzo: “Ti ho visto andare a parlare con quei nuovi bambini ieri. Lo so che può essere difficile e sono molto orgoglioso di te per questo!”.

Alcuni aspetti vanno sicuramente fatti notare al bambino, ma sempre in modo delicato. Ad esempio, spiegagli che quando ci sono altre persone non sta bene parlare all’orecchio o tirare i pantaloni quando ha bisogno di comunicare un’esigenza e che può parlare a voce alta. Fallo pure giocare con bambini più piccoli se questo gli dà fiducia, con bambini più grandi se gli servono da esempio.

Ultima cosa importante, soprattutto se sei una persona ritardataria: non far arrivare in ritardo tuo figlio, ad esempio, ad una festa di compleanno. Essere uno dei primi ospiti è molto più facile: tuo figlio avrà l’impressione che gli altri si uniscano a lui in uno spazio che controlla, anziché dover irrompere in un gruppo preesistente.

Molti di questi concetti li ho tratti dall’ultimo capitolo del libro Quiet di cui ho fatto una recensione. Ho recentemente trovato una versione per adolescenti di questo bellissimo libro, sempre curato dalla stessa autrice, Susan Cain. Ti lascio qui sotto i link qualora volessi dargli un’occhiata.

Libro Quiet rivolto ai ragazzi Quiet power. I superpoteri degli introversi

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