Sforzati: “se ti fermi sei perduto”

Come descritto nell’articolo sui messaggi che abbiamo ricevuto nella nostra infanzia, le SPINTE sono messaggi particolarmente forti dati in primis dai nostri genitori e dai vari adulti che si sono presi cura del bambino. Tali messaggi riflettono spesso le paure e le ansie degli adulti pertanto spingono il bambino a fare o non fare determinate cose.

La spinta Sforzati (definita da alcuni autori come “Dacci dentro”) ha origine dalla frustrazione e dal fallimento, reale o presunto, dei figli verso le aspettative dei genitori. Anche se per diverse esperienze di vita, i genitori in questo caso temono l’insuccesso del figlio, hanno paura che non ce la farà e l’unico segreto che si sentono di tramandare in ogni modo è “nella vita nulla è regalato, te lo devi sudare. La vita è dura e lo sarà sempre, richiede impegno, impegno e ancora impegno”.  

Badate bene, non è sbagliato insegnare ai figli che è importante sapersi guadagnare le cose e che l’impegno è un fattore importante per il raggiungimento dei propri obiettivi, ma non è l’unico. La vita non è solo asprezza e sacrificio, non è solo impegno e dedizione, non è solo lavoro h24.

Le persone che hanno la spinta Sforzati sentono in fondo che se mollano anche solo per un attimo potrebbero fallire. Ma chi è che in origine aveva il timore che lui/lei fallisse? Non di certo un bambino! La persona continua così a portare avanti la paura del genitore.

Ciò che manca è il piacere nel fare, è vedere che la vita è anche relax, relazioni, divertimento e risate. Uno dei messaggi impliciti spesso ricevuti in questa spinta è “Fai ciò che devi, ciò che ci si aspetta da te, non ciò che ti piace!”. Quanti ragazzi già nella scelta delle superiori o del percorso dopo la maturità sentono frasi del tipo “Si, sarai anche portato a fare X, ma non troverai mai lavoro, meglio se fai Y” laddove il significato sottostante è che se segui le tue passioni e inclinazioni sarai destinato al fallimento.

Chi possiede questa spinta poi in modo rigido non si è nemmeno data il permesso di esplorare le proprie inclinazioni, non ha potuto comprendere cosa era in grado di fare con “semplicità” e divertimento perché gli riusciva facile.

Lo “sforzati” è un osso duro, testardo, tenace, efficiente, si applica con dedizione spesso senza sapere però dove sta andando. Non si ferma per chiedersi “ma mi piace ciò che faccio?”. Non è una domanda lecita. Sul lavoro difficilmente si sente soddisfatto, guarda gli altri come inarrivabili anche se ha ruoli di responsabilità, poiché al di sotto c’è un costante senso di insicurezza.

L’atteggiamento e la comunicazione 

È possibile notare la presenza dello Sforzati dalla comunicazione verbale e non verbale della persona. Ad esempio userà la parola cerca

Quello che sto cercando di dirti

Cercherò di fare come stabilito

La mimica del volto e il corpo possono risultare tesi, con pugni chiusi, arti contratti, atteggiamento austero.

Può mostrarsi lamentosa e invidiosa rispetto alla fortuna che hanno gli altri di godersi la vita, destino che a lui/lei non è capitato. Fa difficoltà a cogliere che si tratta di fare anche piccole scelte per imparare a gustare maggiormente la vita.

Cosa ha bisogno di imparare lo “sforzati”?

  • Ha prima di tutto bisogno di fermarsi e chiedersi “dove sto andando?”, “mi piace ciò che faccio?”
  • Importante esplorare le proprie passioni, risorse, capacità, inclinazioni. Tutti ne abbiamo almeno una, basta mettersi nelle condizioni favorevoli per scoprirlo!
  • Il punto finale potrebbe essere quello di comprendere che il vero segreto del successo non è il darci dentro col lavoro fino allo sfinimento delle proprie forze, bensì fare come lavoro ciò per cui si è tagliati e che piace di più.

Nuovi permessi

  • Posso provare piacere
  • Posso permettermi di staccare e rilassarmi
  • Posso fermarmi
  • Avrò successo anche facendo qualcosa che mi piace.

 

Bibliografia

“Analisi transazionale” Stewart, Joines

“Il piacere di lavorare” Piccinino

“Guida all’analisi transazionale” Genain, Lerond

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