“Ora basta, fate la pace”: chi non ha mai pronunciato queste parole per fermare una lite tra bambini? Niente di più sbagliato, nonostante le buone intenzioni: perché anche litigare aiuta a crescere bene.
Molti ammirano con invidia le scenette familiari da “Mulino Bianco”, dove i bambini si siedono composti a fare colazione sorridendo alla mamma oppure giocano tranquilli tra loro senza molti schiamazzi. Eppure sappiamo fin troppo bene che queste scene sono pura fantasia, purtroppo… o per fortuna! Pare, infatti, che i litigi che i bambini frequentemente hanno tra fratelli o tra amici, siano una risposta ad un bisogno ben preciso: avere dei limiti nelle relazioni con gli altri.
Una ricerca tutta italiana coordinata dal dott. Daniele Novara e dalla dott.ssa Caterina di Chio sottolinea come il litigio non debba essere più visto come un temporale che spezza l’armonia, ma uno strumento per diventare grandi. A patto che gli adulti di riferimento sappiano come gestirli.
Cos’è il litigio?
Il litigio dei bambini non si discosta molto da quello degli adulti: è l’esplicitazione, fisica o verbale, di un disagio nei confronti di un altro.
Differenze tra litigi adulti e litigi dei bambini. A differenza dell’adulto, il bambino non riflette né prima né dopo l’accaduto, ma agisce impulsivamente, senza troppi filtri e ciò prosegue fino agli 11/12 anni. La differenza più grande si registra, però, dopo il contrasto, quando la fase acuta è terminata. I bambini dimenticano quasi subito la reazione emotiva che hanno provato, senza lasciare strascichi. Quest’ultimo, in particolare, avviene fino ai 6 anni circa. Ci sono invece uomini e donne che conservano rancore e rabbia anche per decenni!
Cosa rappresenta il litigio? Attraverso il litigio il bambino esprime due bisogni:
- Affermare sé stesso: visibile quando un bambino cerca di prendere un giocattolo che in quel momento è nelle mani di un altro o nel volere a tutti i costi giocare allo stesso gioco dell’altro. Attraverso questi episodi il bambino impara a conoscere sé stesso nel contesto di una limitazione, perché la presenza dei coetanei impone limiti alla propria volontà.
- Comprende come avviene la regolazione reciproca. Per regolazione reciproca s’intende la capacità di tener conto della presenza dell’altra persona mentre agisco.
Esiste una leggenda metropolitana secondo cui i bambini fino ai 4/5 anni non sarebbero in grado di condividere un gioco senza litigare. Perché il litigio è esattamente il modo in cui i bambini “condividono! un giocattolo! Non esiste un altro modo dal loro punto di vista.
Cosa possono fare dunque genitori ed educatori di fronte al litigio?
Gli adulti spesso intervengono per varie ragioni:
– si sentono impotenti se non intervengono
– temono che si possano fare del male
– seguono lo stereotipo secondo cui il bambino più fragile vada difeso perché altrimenti rischia di soccombere.
L’intervento dell’adulto rischia di essere controproducente poiché in molti casi è difficile individuare un colpevole in modo chiaro e l’intervento non fa altro che aumentare la percezione, da parte del bambino, dell’esistenza di un problema che, di solito, è sostanzialmente banale.
Infine, è pericoloso anche intervenire con frasi del tipo: “Datevi un bacino, dovete volervi bene, adesso fate pace”. Sono messaggi estremamente negativi perché si rischia di far passare l’idea secondo cui se si litiga non ci si vuole più bene e, inoltre, è proprio nel litigio che i bambini esprimono il loro volersi bene.
Come si può dunque reagire?
Secondo gli autori della ricerca, si sono dimostrate essere vincenti tre tipologie di intervento da parte dell’adulto:
- Non cercare il colpevole;
- Non imporre la soluzione – i bambini ce la possono fare benissimo da soli!
- Favorire la versione di entrambi i “litiganti”- è importante che ciascun bambino possa spiegare i fatti per come li ha vissuti ed esprimere le proprie ragioni. Per i più piccoli vanno bene anche i disegni. L’importante è che l’adulto resti neutrale.
- Favorire l’accordo raggiunto dai bambini – partendo dall’assunto che tutte le ragioni fornite sono legittime, si arriva al momento in cui l’accordo tra i bambini “nasce” spontaneamente. È quasi stupefacente, ma va a finire quasi sempre in questo modo.
Se l’adulto sostiene e coltiva queste loro potenzialità autoregolative, con il tempo i bambini, soprattutto quelli delle scuole primarie, impareranno da soli a superare i contrasti e non si rivolgeranno nemmeno più agli adulti.
In che modo i bambini traggono vantaggio dal litigare?
Sono 4 le funzioni protettive a lungo termine che il litigio può determinare.
- La capacità di regolazione reciproca delineata in precedenza;
- Il decentramento ovvero imparare a vedere il problema da un altro punto di vista. Con il litigio si impara quindi a non essere rigidi sulle proprie posizioni;
- Capacità creativo-divergente. In ogni contrasto, ad un certo punto, si deve rinunciare a qualcosa perché magari l’altro è più forte di me, e si va alla ricerca di un’alternativa. Il litigio impone quei limiti che aiutano a crescere, perché è attraverso le prove e le fatiche che si diventa adulti: è la resistenza dell’aria che consente il volo.
- Funzione anti-egoistica – la società odierna ha scalzato la figura del padre come figura di comando, che detta le regole e le fa rispettare. Oggi non è più così e spesso i bambini crescono nella solitudine della loro onnipotenza, senza limiti imposti da figure autorevoli. E qui entra in gioco il litigio tra coetanei. Bisogna sfruttare l’orizzontalità della nostra epoca poiché i bambini imparano a darsi dei limiti proprio perché hanno la possibilità di confrontarsi, anche e soprattutto, attraverso i litigi, con i compagni e i fratelli.
La resistenza dei coetanei diventa un modo per diventare grandi.
A cura della dott.ssa Eleonora Rinaldi
Articolo ripreso da Mente&Cervello (n°99, marzo 2013) di Massimo Barberi